QUANDO IL DENARO NON È TUTTO

In questo periodo di grande attenzione ai flussi finanziari, oggi persino più rilevanti del fatturato di impresa, si discute di come motivare al meglio i nostri collaboratori in azienda. La prima leva a cui pensiamo è il denaro. È motivante il denaro? Risposta breve: sì. È l’incentivante di base. Significa che le persone devono avere una retribuzione che le metta in grado di mantenere se stesse e la propria famiglia. Le imprese si devono assicurare che la retribuzione a busta paga sia adeguata ed equa. Equità interna ed esterna. Interna significa retribuire le persone in modo commisurato ai loro colleghi. Equità esterna significa retribuirle in linea con altre persone che svolgono lavori simili in aziende simili. Senza questo solido fondamento, ogni altro tipo di sprone è difficile, se non impossibile. Una volta che l’azienda soddisfa questo fattore di base è a “metà dell’opera” giacché il denaro non influisce molto sulla motivazione interiore e sulla performance di medio termine. Se fai questo ricevi un bonus. L’incentivo “Se fai … allora” può funzionare in modo limitato e nel breve termine.

Un esempio facile? Se abitui tuo figlio di 10 anni a ricevere un piccolo compenso, diciamo 2 euro, tutte le
volte che va a buttare la spazzatura, sarà forse più difficile che lo faccia senza compenso.
In azienda, se dai il messaggio a qualcuno che per svolgere un compito offri una ricompensa aggiuntiva e
specifica, passa il messaggio che il compito è poco attraente, altrimenti non ci sarebbe bisogno di un
incentivo per farlo. Inoltre, l’azienda prende una strada che è difficile abbandonare: se la ricompensa è troppo piccola non avrà efficacia, se è abbastanza allettante l’azienda sarà costretta ad erogarla ancora. Non solo. Le ricompense creano dipendenza, ci si abitua. Dopo poco tempo sarà percepita come un fatto normale e quindi l’azienda dovrà dare ricompense sempre maggiori per ottenere lo stesso risultato. Le ricompense in denaro non compromettono la “motivazione interiore” delle persone che svolgono compiti banali, perché c’è poca motivazione da compromettere. Ma creano un’aspettativa basata su un meccanismo che non può più essere modificato.
Senza i 2 euro la spazzatura non esce.

Le ricompense economiche per loro natura restringono l’oggetto della attenzione e dell’impegno.
Possono funzionare quando esiste un percorso rigido e definito al risultato. Aiutano a guardare avanti e a
correre più velocemente. Il limite delle ricompense esterne è che le persone sceglieranno il sistema più
veloce per raggiungerlo, anche se questo significa prendere la strada sbagliata.
Molti degli scandali del mondo finanziario dipendono proprio da questo tipo di scorciatoie. I manager delle società quotate in borsa compiono spesso azioni volte esclusivamente alla performance visibile nei ricavi trimestrali, indicatore che la borsa considera e che ha un effetto diretto sulla retribuzione dei manager stessi, anziché focalizzarsi sulle strategie di medio e lungo termine per il successo stabile dell’impresa.

“Un’organizzazione adulta è quella in cui le persone hanno le conoscenze, le capacità, il desiderio, e
l’opportunità di avere successo a livello personale, in un modo che porta al successo tutta l’organizzazione”, Stephen Covey.

Sono 4 i profondi bisogni psicologici che accomunano gli esseri umani: di autonomia e competenza, di
relazione e scopo.
Quando questi bisogni sono soddisfatti, siamo motivati, produttivi e felici. Quando sono ostacolati, la nostra motivazione, produttività e felicità crollano.
La motivazione interiore implica agire con piena volontà e capacità di scelta, mentre la motivazione esterna implica agire sotto pressione e per rispondere a richieste altrui, che provengono da forze percepite come esterne al sé.
Se la nostra convinzione di partenza come imprenditori e manager è che se le persone avessero la libertà
lavorerebbero il meno possibile, allora controllarli può essere un sistema per tenerli all’erta. Gli strumenti
principali rimangono leve di motivazione esterna. Ciò rende il sistema di management poco in sintonia con i lavori creativi e non routinari su cui si basa oggi gran parte dell’economia mondiale.
Il management “comando e controllo” si basa sulla convinzione che le persone abbiano bisogno di essere
dirette, perché senza una guida sicura e decisa vagherebbero a vuoto.
Ma è veramente questa la nostra natura fondamentale?
Noi per primi a capo di un’impresa vogliamo essere responsabili e avere il controllo del nostro lavoro, del
nostro tempo, della tecnica ed essere parte di un progetto e di un team.

Lavorare con soddisfazione comporta qualcosa in più che rispondere semplicemente alle richieste di chi
esercita il controllo. Alcuni scienziati hanno studiato la motivazione, con esperimenti in laboratorio e ricerche che abbracciano ogni campo: economia, educazione, medicina, sport, attività fisica, produttività personale, ambiente, relazioni e salute fisica e mentale.
Hanno prodotto centinaia di ricerche, la maggior parte delle quali giunge alla stessa conclusione: la
motivazione interiore funziona come leva effettiva molto di più della motivazione esterna.
Gli obiettivi di una persona quando studia o lavora sono di due tipi: «obiettivi di prestazione» oppure
«obiettivi di apprendimento». Prendere ottimo in francese è un obiettivo di prestazione. Essere in grado di parlare in francese è un obiettivo di apprendimento.
La motivazione interiore si basa su obiettivi di apprendimento.

Le ricompense inaspettate funzionano meglio

Se la ricompensa invece è data in modo inaspettato a qualcuno, dopo che ha portato raggiunto un traguardo significativo, è meno probabile che comprometta la motivazione intrinseca.
La miglior soluzione consiste nell’articolare la retribuzione variabile ad un mix di parametri quantitativi:
come i volumi di vendita, ricavi-margine per il prossimo trimestre, semestre, per l’anno in corso… e
parametri qualitativi: il livello di soddisfazione tra i clienti, le idee per nuovi prodotti, le valutazioni del
lavoro in team con i colleghi. In una ricerca sulle PMI, metà delle quali concedeva autonomia ai dipendenti, mentre l’altra metà si basava su un approccio di comando e controllo. Le aziende che permettevano autonomia avevano un tasso di crescita quattro volte maggiore rispetto a quelle orientate al controllo e un terzo di turnover del personale più qualificato.

Un’azienda dove lavorare è stimolante se è quella in cui i collaboratori hanno autonomia, opportunità di
sviluppare padronanza di ciò che fanno e le loro attività sono collegate a uno scopo più grande. Se tutti questi elementi sono già in essere, la migliore forma di management è comunicare significato, priorità e lasciare poi libero spazio alla persona di realizzare il risultato.
Se il nostro nuovo modo di essere leader ci portasse a resistere alla tentazione di tenere sotto controllo le
persone? E fare il possibile perché si risvegli il loro profondo senso di autonomia?
La frase su cui riflettere
Forma così bene i tuoi collaboratori che possano lavorare ovunque. Ma trattali così bene che vogliano restare”, Richard Branson-VIRGIN.

Cristina Melchiorri
Esperta di strategie e management per le PMI, business coach, autrice di libri e docente di management in varie Business School.