REMUNERAZIONE DEI SOCI

Operare con una SRL significa gestire un ente slegato dai propri soci; ente con regole ed obblighi propri, predisposti sia per tutelare l’imprenditore che i suoi stakeholder.

Non è quindi possibile prelevare semplicemente dal conto corrente o direttamente dalla cassa, senza preoccuparsi degli effetti che ne derivano.

Ognuno dei metodi indicati è soggetto a diversi trattamenti fiscali e contributivi.

1) Distribuzione utili/riserve

La distribuzione, spettanti a tutti i soci, è possibile solo:

a) quando ci sono utili;

b) solo l’anno successivo alla maturazione degli utili.

Sugli utili/riserve distribuite, è previsto che la società applichi una ritenuta, a titolo d’imposta, del 26%.

Quindi gli utili si possono prelevare solo dopo aver chiuso l’anno fiscale e sono erogati al netto della ritenuta (il bonifico sarà pari al 74% degli utili/riserve di cui è deliberata la distribuzione).

La ritenuta sarà versata dalla società e l’importo percepito non dovrà essere inserito in nessuna dichiarazione dei redditi del socio.

Le distribuzioni di utili/riserve costituiscono redditi di capitale per il socio percettore e non soggette a contribuzione INPS.

2) Compenso amministratore

Gli amministratori possono ricevere, previa delibera dell’assemblea dei Soci, un compenso per l’attività svolta a tale titolo. Il vantaggio di questo strumento risiede nel fatto che l’importo del compenso è variabile ed è stabilito dai soci. Si possono quindi deliberare compensi agli amministratori anche parametrandoli all’andamento della gestione aziendale, senza rischiare di accumulare perdite per colpa della rigidità del costo del lavoro.

Il meccanismo della tassazione è uguale a quello dei lavoratori dipendenti. Sull’importo lordo del compenso, si devono corrispondere i contributi Inps della gestione separata, con aliquota del 24% o 25% o 33%, a seconda della posizione dell’Amministratore;

3) Rimborso spese

Gli amministratori possono pattuire con la società il rimborso delle spese sostenute.

Il rimborso analitico rimborsa tutte le spese per effettuare una trasferta a nome della società, senza alcun effettivo vantaggio monetario.

Il rimborso chilometrico per ristornare le spese di trasferta sostenute con l’utilizzo di un proprio automezzo: i percorsi sono valorizzati in base alle tabelle chilometriche dell’ACI (Automobile Club d’Italia). Il rimborso prevede quindi parte di tutti quei costi che l’amministratore sostiene, a livello personale, per l’utilizzo dell’automezzo.

Rimborso forfetario quando si fa una trasferta al di fuori del comune ove è fissata la sede della società, si ha diritto a ricevere nel cedolino busta paga un rimborso fisso, giornaliero, di euro 46,48 (per trasferte in Italia), senza ricevere ulteriori rimborsi di spese.

Le indennità forfetarie, nei limiti previsti, non sono soggette ad imposte e contributi.

Le indennità forfetarie e i rimborsi chilometrici sono cumulabili.

Le indennità forfetarie e i rimborsi delle spese di trasporto sono cumulabili.

NB. Il rimborso forfettario si può utilizzare solo se è predisposto un cedolino paga, mentre il rimborso chilometrico si può attivare anche SENZA cedolino paga.

4) Buoni pasto

I buoni pasto possono essere riconosciuti anche a soggetti non titolari di un rapporto di lavoro subordinato.

Il compenso dell’Amministratore è inquadrato tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ovvero tassato in base alle regole dettate per i redditi di lavoro dipendente. Pertanto, anche il regime fiscale dei buoni pasto riconosciuti all’amministratore suo “collaboratore della società” sarà l’esenzione fino all’importo complessivo giornaliero di 4 euro, nel caso di buoni pasto in forma cartacea o di 8 euro, nel caso di buoni pasto in forma elettronica.

Isolato orientamento dell’Agenzia delle Entrate, ha affermato che l’amministratore di una società non potrebbe fruire del regime fiscale di favore previsto dalla disciplina sui redditi di lavoro dipendente per i beni e servizi welfare. Mancherebbe il requisito della subordinazione e l’amministratore non sarebbe in alcun modo assimilabile al lavoratore alle dipendenze della società. I beni welfare, inclusi i buoni pasto, erogati in favore dell’amministratore dovrebbero, secondo l’Agenzia, essere valorizzati in base al valore normale.

5) Royalties su marchio aziendale

Il titolare del marchio (registrato) può concederne l’uso a terzi percependo una remunerazione a tale titolo (royalties). Le royalties sono tassate con una riduzione forfetaria della base imponibile pari al 25%. Quando sono percepite da una persona fisica, non esercente attività di impresa o professionale, il reddito percepito non rileva ai fini previdenziali.

Parziale detassazione in capo alla persona fisica proprietaria del marchio e totale deducibilità delle royalties in capo all’utilizzatore se persiste principio di inerenza.

Il maggior valore potrebbe diventare difficile da dimostrare in caso di aziende di piccole dimensioni dove occorre comprovare che, grazie a quel preciso marchio, il prodotto venduto aumenta di valore sul mercato oppure che, quel determinato marchio o brevetto, permette l’aumento delle vendite.

Il marchio aziendale rappresenta uno strumento utile alla pianificazione fiscale quando effettivamente ci sono tutti i presupposti per la registrazione del marchio e il relativo sfruttamento economico. Gli errori in questa materia possono costare cari e occorre prestare molta attenzione a non cadere in tentazione.

6) Prestazioni accessorie

L’articolo 2345 del Codice civile dispone che: «Oltre l’obbligo dei conferimenti, l’atto costitutivo può stabilire l’obbligo dei soci di eseguire prestazioni accessorie non consistenti in danaro, determinandone il contenuto, la durata, le modalità e il compenso e stabilendo particolari sanzioni per il caso di inadempimento. Nella determinazione del compenso devono essere osservate le norme applicabili ai rapporti aventi per oggetto le stesse prestazioni. Le azioni alle quali è connesso l’obbligo delle prestazioni anzidette devono essere nominative e non sono trasferibili senza il consenso degli amministratori. Se non è diversamente disposto dall’atto costitutivo, gli obblighi previsti in questo articolo non possono essere modificati senza il consenso di tutti i soci».

Le ragioni della disposizione delle prestazioni accessorie risulta quella di dotare le società di uno strumento idoneo al fine di assicurare l’acquisizione di beni o servizi utili al programma d’impresa, senza doverlo ricercare da “fonti esterne” sul mercato. L’oggetto della prestazione è liberamente configurabile dalle parti, con la sola eccezione del divieto di erogazione di denaro. Non sono da considerarsi in denaro le prestazioni di garanzia da parte dei soci in favore dei terzi creditori dell’ente associativo (le quali peraltro risultano espressamente disciplinate dalla normativa fiscale), che dunque ben possono rientrare tra le prestazioni accessorie.

In via generale, si può affermare che rientra nella previsione di cui all’articolo 2345 del Codice qualsiasi tipologia di utilità, materiale o immateriale fruibile dalla società, comprese prestazioni del tutto occasionali, sempre con l’eccezione sopra ricordata delle dazioni dirette di denaro.

La clausola relativa alle quote con prestazione accessoria deve essere contenuta nell’atto costitutivo. Può essere introdotta anche successivamente con una modifica statutaria, anche se in giurisprudenza vi è stata qualche pronuncia che ha ammesso che l’obbligo delle prestazioni accessorie possa essere inserito in un atto diverso dallo statuto o dall’atto costitutivo. La conclusione non appare convincente. Infatti, l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di riconoscere, che l’obbligazione derivante dalle prestazioni accessorie ha natura propriamente sociale; dunque, il rapporto tra società e socio non potrà essere istituito al di fuori dei documenti tipicamente regolatori della vita associativa.

L’istituto permette di riconoscere un compenso periodico al Socio che presta la propria attività a favore della società, evitando tutti gli svantaggi gestionali e previdenziali connessi ai compensi amministratori escludendo taluni rischi di natura fiscale; permette, inoltre, di regolare statutariamente gli obblighi dei singoli soci, vincolandoli a determinate prestazioni a favore della società stessa prevedendone la remunerazione in relazione alle attività effettivamente svolte.Sotto il profilo fiscale, le prestazioni accessorie rese dai soci sono configurabili come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Per il trattamento contributivo di queste somme, la circolare Inps n. 45/2018, ritiene attratto alla contribuzione presso la gestione previdenziale di appartenenza il reddito prodotto ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lett. c-bis) evitando così i versamenti alla gestione separata Inps.